A febbraio scorso Federmanager Academy lanciava il progetto “FMA vola in Silicon ValleY”, con una campagna promozionale che, con le 2 bandiere, italiana e statunitense, descriveva “un percorso formativo fra rivoluzione digitale e management di eccellenza”. Il focus del progetto non si presentava semplicemente come uno study tour, bensì come un “Immersive Program” nel mondo della Silicon Valley.
Mi sono iscritto, pensando subito che sarebbe stata un’esperienza interessante per scoprire gli headquarter delle cosiddette “Fab Fours”: Google, Apple, Amazon and Facebook. Ma anche per conoscere tutte le numerose imprese di successo che sono nate laggiù. Ero abbastanza sicuro che anche altri colleghi avrebbero aderito all’iniziativa con una aspettativa simile alla mia.
Quello di cui sono convinto oggi che sono tornato è che nessuno di noi si immaginava di vivere un’esperienza così unica. E unica lo è stata davvero.
Sin dal primo giorno, arrivando a Menlo Park, è bastato aggirarsi per il college americano per respirare un’atmosfera nuova. Sin dall’inizio è stato chiaro che lo spirito della Silicon Valley ci avrebbe conquistato solo se fossimo stati capaci di capirne i meccanismi, l’approccio…in definitiva, assorbire quello che si definisce il “mindset” di questa parte di mondo.
Il programma prevedeva lezioni in aula da parte di docenti di grande esperienza e colloqui con figure di mentoring, professionisti con una grande storia d’impresa alle spalle. Inoltre, erano organizzate visite aziendali nelle realtà di maggiore successo come Google, Hp, Intel e incontri con manager e imprenditori, dibattiti pubblici in cui era possibile interfacciarsi con testimoni della nascita e della crescita della Silicon Valley.
Questo genere di eventi a cui abbiamo partecipato attivamente sono accomunati da una caratteristica: sono occasioni imperdibili per costruirsi un buon network. Il networking è la chiave di accesso per tutto: conoscere nuove persone, scambiare informazioni, condividere opinioni e, non da ultimo, creare idee innovative per fare nascere un business.
Questo perché l’innovazione e le idee innovative sono il collante che tiene insieme tutti gli abitanti della Silicon Valley. Il motto è che il fallimento non esiste. Come disse anche Thomas Edison: “I have not failed. I’ve just found 10,000 ways that won’t work”.
Il motto ha fatto scuola, e che si sente ripetere in ogni occasione. Se ne trovano segni anche nei corridoi della Università di Stanford: “L’errore non esiste. Non esistono vincitori né vinti. Esiste solo FARE”
È una lezione che mi è rimasta impressa al ritorno in Italia dove, in caso di fallimento, la prima reazione è: di chi è la colpa? Chi ne è responsabile?
Anche la storia di Dan Levin ce lo ricorda. Dan è indubbiamente quello che si dice un manager di successo. In pochi anni ha quintuplicato il turnover di BOX, l’azienda di cui era CTO fino a poche settimane fa. Lo abbiamo incontrato nella sede californiana dove ha saputo tener alta la nostra attenzione parlando di organizzazione, leadership e gestione delle risorse umane.
Dan è un leader. Un vero leader, con tutte le caratteristiche che Kimberly Wiefling ha saputo magistralmente spiegarci durante le sue lezioni coinvolgenti dedicate a Leadership e team empowerment.
WorkShocks è l’approccio con cui Kimberly insegna alle persone, ai team e alle organizzazioni a raggiungere risultati che si credevano impossibili. È un approccio ricco di entusiasmo, tensione all’innovazione, pieno coinvolgimento.
Non dimenticheremo le poche ore trascorse con lei in aula, il dinamismo, l’energia e soprattutto il messaggio: tutto ciò che ci ha mostrato per rendere una chiara ed efficace comunicazione si basa su principi come la necessità di adottare una prospettiva da vincenti (e non da “loosers”), di proporsi in termini di contributo anziché trovare scuse per sottrarsi alle sfide, mai rispondere con un “sì, ma…” che assomiglia molto più a un “no”, ma saper dire “ok” perché è questo che innalza il livello di coinvolgimento dei tuoi interlocutori.
Il venerdì sera, nostro ultimo giorno di permanenza, Kimberly ci ha invitato al tipico barbecue americano, organizzato a casa sua. È stato un party fantastico dove sono stati invitati manager, imprenditori, docenti e il primo ingegnere di Intel, che ha raccontato la sua incredibile scalata.
La comunicazione, lo scambio tra i presenti sono seguiti con naturalezza: il sogno della Silicon Valley era tra noi!
Potrei continuare ancora a scrivere a lungo di questa esperienza che abbiamo avuto la fortuna di vivere. Ma non voglio dilungarmi oltre parlando di innovazione, creatività, design thinking, gestione del rischio e venture capital e business angels… tutto questo appartiene a un’altra storia che, senza raccontarla, mi sembra possa essere racchiusa bene in una frase semplice che ha pronunciato Elon Musk: “I don’t create companies for the sake of creating companies, but to get the things done”. Mi sembra sia una frase perfetta per sintetizzare il senso di quello che abbiamo visto accadere in Silicon Valley.